venerdì 5 novembre 2010

Io precario, posso emozionarmi

Si dice che la nostra epoca sia caratterizzata da una marea di cose.
Tra queste anche da una certa incapacità di provare emozioni. Una specie di apatia emotiva, spesso associata a depressione e via dicendo. Insomma la nostra non pare un'epoca in cui le emozioni occupano il posto che dovrebbero occupare. Che poi quale posto debbano occupare esattamente nessuno lo sa. Però è bello dirlo e qualcosa di tendenzialmente corretto in queste affermazioni lo si vede.
Al contrario la ragione, la logica, l'intelletto, la scienza razionale e statisticamente provata stanno guidando uomini, donne, giovani di ogni dove.
In parte mi sento di condividere queste riflessioni anche se non vorrei drammaticamente nascondere ciò che di utile la ragione porti alle nostre vite. In una situazione di pericolo l'uso della ragione è decisamente molto più utile di quello dell'emozione.
In generale tuttavia noto attorno a me, e forse altri lo noteranno in me, un sottofondo depressivo e razionale che poco spazio lascia all'emozione intesa come entusiasmo, avere il fuoco dentro, ma soprattutto, per come la vedo io come la capacità di essere in contatto con se stessi.

La settimana scorsa mi è accaduta una cosa straordinaria: ci avviciniamo alla fine dell'anno e come ogni fine dell'anno, da un pò d'anni a questa parte, comincio a preventivare che l'anno prossimo forse sarò a spasso, non avrò lavoro, cosa farò, cosa non farò e via discorrendo.

Insomma è un periodo tendenzialmente angosciante e preoccupante. In cui realmente sono in contatto con me stesso e dove, paradossalmente l'emozione - la paura di - guida la ragione - le risorse da attivare in caso di -.
Quindi è un periodo emotivamente molto attivo.

La settimana scorsa dicevo, una delle mie responsabili mi ha spifferato in anteprima che anche per il prossimo anno mi viene confermato il contratto (fino a dicembre 2011).
Ecco, in quel momento ho capito cosa voglia dire avere la fortuna di essere precari in un mondo dove l'alexitimia (informatevi se volete saper cosa sia) la fa da padrona.
Essere precari vuol dire avere la possibilità di provare e vivere emozioni forti. Ma realmente forti e pervasive: avere la sensazione di essere sul baratro e subito dopo sapere di essere salvi, ancora per un pò. Credo che neppure il giocatore d'azzardo abbia la fortuna di accedere ad un patrimonio emotivo a così ampio spettro. Altrimenti smetterebbe di giocare e si darebbe al precariato per mestiere.

Non ho bisogno di drogarmi per avere emozioni, mi basta il mio precariato che mi angoscia, mi deprime, così come mi rende euforico quando è meno precario.

Droga? No grazie! Preferisco il precariato!