venerdì 14 gennaio 2011

passo e chiudo...per sempre

Vorrà dire che non sono un granchè a scrivere su questo blog. Mi pareva un'idea simpatica quella di provare a sdrammatizzare la situazione del precariato. Ma mai un commneto, mai un cenno da parte di nessuno. Anche critico, ma almeno un segnale di vita da parte di qualcuno. Pazienza, continuerò a essere precario in solitudine e a cercarmi degli aspetti positivi per conto mio.
Addio

lunedì 10 gennaio 2011

Considerazioni finali, o iniziali

Allora, buon anno a tutti. Tutti chi? Immagino che i miei lettori si contino sulle dita di mezza mano. Ma sono abituato ad un cauto ottimismo.
Il 31 dicembre ho saputo che anche per quest'anno avrò da lavorare. Qualche ora in meno ma lavorerò. Vorrà dire che mi risposerò di più e cercherò di trovare altri aspetti positivi di questa misera situazione.
E' stato veramente emozionante, ma ad un certo punto non mi interessava quasi più. ero arrivato al punto di avere dei deliri del tipo "ma sì, se perdo un lavoro ne trovo un altro". In effetti pare che i deliri servano anche a costruire una realtà diversa, in questo caso ideale, rispetto a quella vissuta realmente.
Veniamo all'esito del questionario. Il 33% (ovvero uno dei tre votanti, che poi vi svelo sono io) ritiene che ad essere precari ci siano aspetti positivi.
Il 66% (ovvero due coraggiosi internauti) mi hanno mandato a dare via il sedere. ed in parte sono pure d'accordo con loro.
Ma la lezione è questa: se manipoli i dati puoi dire quello che vuoi (66 e 33% sono numeri buoni da proferire) anche se i votanti sono stati solo 3.
Cazzatina di inizio d'anno, ma ci vuole dopo tanto stress.
Auguri a tutti

martedì 7 dicembre 2010

Emozioni, sempre emozioni

Nell'ultimo scritto avevo parlato di emozioni. E dello scampato pericolo. Adesso le emozioni tornano più forti e più adrenaliniche che mai: nonostante le rassicurazione della mia responsabile, fino al 31 dicembre non saprò se sono scaduto o no. Un pò come la zuppa con la data di scadenza. Che giorni fantastici che mi aspettano...emozioni...emozioni...emozioni...speriamo che le coronarie tengano, e se terranno anche quella sarà una buona notizia, non dovrò andare dal cardiologo. Sai che fortuna ad essere precari!?

venerdì 5 novembre 2010

Io precario, posso emozionarmi

Si dice che la nostra epoca sia caratterizzata da una marea di cose.
Tra queste anche da una certa incapacità di provare emozioni. Una specie di apatia emotiva, spesso associata a depressione e via dicendo. Insomma la nostra non pare un'epoca in cui le emozioni occupano il posto che dovrebbero occupare. Che poi quale posto debbano occupare esattamente nessuno lo sa. Però è bello dirlo e qualcosa di tendenzialmente corretto in queste affermazioni lo si vede.
Al contrario la ragione, la logica, l'intelletto, la scienza razionale e statisticamente provata stanno guidando uomini, donne, giovani di ogni dove.
In parte mi sento di condividere queste riflessioni anche se non vorrei drammaticamente nascondere ciò che di utile la ragione porti alle nostre vite. In una situazione di pericolo l'uso della ragione è decisamente molto più utile di quello dell'emozione.
In generale tuttavia noto attorno a me, e forse altri lo noteranno in me, un sottofondo depressivo e razionale che poco spazio lascia all'emozione intesa come entusiasmo, avere il fuoco dentro, ma soprattutto, per come la vedo io come la capacità di essere in contatto con se stessi.

La settimana scorsa mi è accaduta una cosa straordinaria: ci avviciniamo alla fine dell'anno e come ogni fine dell'anno, da un pò d'anni a questa parte, comincio a preventivare che l'anno prossimo forse sarò a spasso, non avrò lavoro, cosa farò, cosa non farò e via discorrendo.

Insomma è un periodo tendenzialmente angosciante e preoccupante. In cui realmente sono in contatto con me stesso e dove, paradossalmente l'emozione - la paura di - guida la ragione - le risorse da attivare in caso di -.
Quindi è un periodo emotivamente molto attivo.

La settimana scorsa dicevo, una delle mie responsabili mi ha spifferato in anteprima che anche per il prossimo anno mi viene confermato il contratto (fino a dicembre 2011).
Ecco, in quel momento ho capito cosa voglia dire avere la fortuna di essere precari in un mondo dove l'alexitimia (informatevi se volete saper cosa sia) la fa da padrona.
Essere precari vuol dire avere la possibilità di provare e vivere emozioni forti. Ma realmente forti e pervasive: avere la sensazione di essere sul baratro e subito dopo sapere di essere salvi, ancora per un pò. Credo che neppure il giocatore d'azzardo abbia la fortuna di accedere ad un patrimonio emotivo a così ampio spettro. Altrimenti smetterebbe di giocare e si darebbe al precariato per mestiere.

Non ho bisogno di drogarmi per avere emozioni, mi basta il mio precariato che mi angoscia, mi deprime, così come mi rende euforico quando è meno precario.

Droga? No grazie! Preferisco il precariato!

venerdì 22 ottobre 2010

oggi è venerdì: l'assenza del concetto di tempo

Stamane accompagno mio figlio all'asilo. Mi dice, mentre siamo in macchina: papà, domani è sabato, poi dopo c'è domenica e siamo a casa insieme. E' già, rispondo stampandomi un sorriso da ebete sulla faccia.
Lo porto in classe e una maestra dice all'altra "Ale, meno male che oggi è venerdì". Penso "ma andate a cagare".
Poi, dopo un'ora d'auto e trenta minuti trascorsi per trovare un parcheggio non a pagamento, finalmente entro al mio precario primo lavoro, timbro con un precario cartellino dove c'è scritto a chiare lettere "personale non dipendente" (giuro) e salgo nel mio luogo di lavoro. Sento un paio di persone che stancamente dicono "meno male che oggi è venerdì".
Andate a cagare lo avevo già pensato per le maestre di mio figlio. A queste dedico un beato "andate a dare via il deretano".
E poi, subito dopo l'illuminazione della ricerca postiva degli aspetti del precariato: domani è sabato e io lavorerò al mio secondo precario lavoro. Che bello, concentrerò tutta la gioia di stare con i miei bambini per la domenica. Questo è davvero bello. Un giorno solo ma concentrato. Sveglia presto, colazione insieme, piscina, giochi, pranzo, riposino, merenda, giochi, cena, film e poi tutti a letto. E a quel punto io penserò "dai, domani è lunedì, ricomincia una settimana, meno male che tra otto giorni (perchè il precario conta da giorno a giorno) è ancora domenica.

mercoledì 20 ottobre 2010

La capacità di rimanere a galla


Ieri mi hanno cercato telefonicamente. Ero in piscina. Quando sono uscito ho visto diverse chiamate. Ho contattato chi mi aveva cercato scusandomi del fatto che non avevo risposto perchè ero a nuotare. Adesso va detto che facendo due lavori, in uno dei due mi sono ritagliato del tempo che dedico alla piscina anzichè alla pausa pranzo. In realtà mi mangio un panino in macchina nello spostamento fino alla psicina, così mangio e nello stesso tempo risparmio sul pranzo.
Insomma fatto sta che questo tizio mi ha detto "ma che bella vita che fai!".
E lo diceva seriamente, non per sfottere. Ed è vero, anche io lo penso.
Avere il tempo per andare in piscina, dedicare del tempo a se stessi, così solo per il gusto di "volersi bene" non è cosa molto diffusa. Nella sfiga di non avere un lavoro fisso, dove dovrei giustamente attenermi a dei tempi, riesco ad avere la fortuna di ritagliare del tempo per andare a nuotare.
Si tratta pur sempre di rimanere a galla!

lunedì 18 ottobre 2010

senza titolo

Rieccomi qui a riesumare a distanza di un anno questo blog nel quale avrò postato si e no 7 discussioni. Oggi mi è venuta la curiosità di vedere quanta gente avesse letto queste righe e con mia immensa felicità ho visto che nessuno le ha mai lette. Praticamente scrivere questo blog o non scriverlo è la stessa cosa.
Eppure sono straconvinto che l'idea di guardare agli aspetti positivi del parecariato non sia malvagia. Insomma se qualcuno mi legge me lo faccia sapere

venerdì 11 dicembre 2009

"leggere il futuro"

Ho trovato che una delle abilità che noi precari sviluppiamo maggiormente è di essere sensibili ai segnali rispetto al futuro. Questo è ovvio se ci si pensa, per certi versi si tratta di sopravvivenza della specie. Sapere che le cose andranno bene o male ci permette di provare disperatamente ad intraprendere nuove strade. Che poi queste si rivelino buone o meno è un altro discorso.
Personalmente ho trovato che il modo migliore per chiedere ad esempio ad un superiore, o in generale qualcuno che è più vicino di noi alla zona dove si prendono decisioni (che riguardano anche noi), è quello di porre la seguente breve domanda: novità?
A questo punto sfrutteremo l'effetto riempimento che le persone utilizzano automaticamente per rispondere. E' ovvio che è una domanda aperta e che può essere riempita come si vuole da parte del nostro interlocutore. Se si tratta di una donna, giovane e in età da aver figli ad esempio ci potrebbe rispondere di essere incinta. Allora le faremo complimenti ecc. Ma, se, come ho notato che accade, questo superiore ha di fronte noi (che abbiamo l'alone della precarietà scritto in faccia) allora la risposta riguarderà inevitabilmente ciò che si aspetta che noi ci aspettiamo: la condizione di lavoro. E state pur certi vi fornirà notizie, buone o cattive che siano questo è un altro discorso.

sabato 28 novembre 2009

Vecchiaia? No grazie, non posso: sono precario!

L'altro giorno parlavo con un collega di uno dei due lavori che faccio. Lui è dipendente. Si parlava di lavoro e gli chiedevo come si sentisse a 45 anni lavorativamente parlando. Da notare che occupa un posto dirigenziale in un'azienda pubblica e guadagna decisamente bene.
Mi risponde che si sente un uomo di mezza età che comincia a guardare alla pensione. Caspita, questa risposta mi ha spiazzato. Ho pensato che forse è dopo i 40 che ci si sente così allora gli ho chiesto quando avesse comnciato a sentirsi un uomo di mezza età. Mi ha risposto dopo i 30, verso i 35. Il chè non fa una grinza dal punto di vista aritmetico: il doppio di 35 è 70. Ha ragione lui mi son detto.
E pensare che io ho 39 anni e ancora guardo alla mia adolescenza come fosse ieri. Ma solo coi ricordi per carità, non coi contenuti. Mi sembra ieri che iniziai a studiare all'università, e poi riguardo al giorno della laurea (11 dicembre 1996) e guardo a ieri pensando alle speranze di trovare un lavoro stabile (!).
Ma io mi sento ancora così: nutro ancora la speranza (che è realmente l'ultima a morire) di trovare una sistemazione...
E poi ho pensato "che bello, io non mi sento un uomo di mezza età, sono ancora un giovanotto anche se i prossimi sono 40".
Effettivamente il precario non può permettersi di invecchiare.
Beata precarietà (parafrasi di beatà gioventù).

lunedì 16 novembre 2009

Una illuminazione sulla condizione di noi tutti avvenuta in un primo pomeriggio uggioso

Tutti lo usano e ovviamente tutti ne abusano del termine “precario”. Io pure. Allora oggi mi sono voluto togliere lo sfizio di cercarne l’origine per vedere se il significato col quale lo utilizziamo corrisponde alla sua origine. E…sorpresa!

Precàrio= lat. PRECÀRIUS da PRÈX preghiera (v. Prece): propr. Ottenuto per preghiera.

Che si esercita con permissione, per tolleranza altrui; quindi Che non dura sempre, ma quanto vuole il concedente; e per estens. Che ha poca durata; Temporario, Non stabile.

Deriv. Precariamente, Precarietà.

Rivelazione numero uno: siamo tutti precari. La nascita fa necessariamente di noi esseri precari (dipendiamo sempre da qualcuno). L’errore è arrivato quando il termine precariato è stato collegato con il termine lavoro. Da questo punto di vista alcuni sono solo un po’ più precari degli altri, o meglio sono certamente più precari nell’ambito lavorativo ma non di certo in quello esistenziale. E anche questo non è certo poiché se sono temporaneamente precari potrebbero anche non esserlo in un momento successivo poiché non c’è nulla di più precario del concetto di temporaneità. Poi potrebbero ridivenirlo e così via all’infinito. Come tutti in pratica.

Ma allora essere precari come siamo soliti intendere questo termine, ovvero lavorativamente parlando, è secondario. Ciò che è primario è che tutti moriremo. In questo senso siamo tutti precari. La tolleranza altrui la si potrebbe attribuire a Dio (per i credenti) o alla Biologia (per i credenti nella biologia). In pratica nel precariato il libero arbitrio non è contemplato poiché dipendiamo comunque da qualcuno che con tolleranza ci permette, ma solo per un tempo non infinito, di fare qualcosa. Ecco perché siamo tutti precari e chi lo è lavorativamente lo è solo in un settore ma magari vive più a lungo di quel tizio che a 18 anni aveva il lavoro meno precario del mondo (becchino) e a 19 morì. Al contrario, il suo collega (collega di razza umana) che a 18 anni era precario, a 30 ancora, a 40 decise che nonostante era ancora precario di sposarsi ed ebbe due figli e a 60 anni ancora si domandava quando avrebbe avuto un lavoro definitivo e morì a 102 anni compilando il suo ricco curriculum pieno zeppo di esperienze lavorative utilizzando Office 1000 di Windows Vista la prima è meglio la seconda…mi sono perso. Insomma il fatto è che questo ultimo fu un po’ meno precario di vita poiché visse 83 anni di più di quello che aveva un lavoro meno precario.

La rivelazione numero due è la più importante ed è quella che ribalta la faccenda. Se il precario è colui che dipende dalla tolleranza altrui, allora lavorativamente parlando non avendo il precario nessuno da cui dipendere (per definizione il precario non è un dipendente) allora il precario è l’unico che può esercitare il libero arbitrio. E questa è davvero una bella notizia.

giovedì 5 novembre 2009

Creatività

Una delle abilità che maggiormente sviluppiamo noi precari, lavorativamente parlando, è la creatività.
Essere sempre sul filo del rasoio, essere di quà ma vedere in continuazione "l'al di là" è una situazione adrenergica.
La mente è continuamente al lavoro per vedere come riuscire a cavarsela, il cervello calcola ipotesi con gradi diversi di probabilità. I processi decisionali sono sempre in opera.
L'ansia così come lo stress sono quelli definiti di "tipo buono", quelli che ti preparano, di fronte al leone ad attaccare o scappare. Noi precari siamo costretti ad attaccare. In pratica siamo combattenti.
E poi vuoi mettere la soddisfazione di riuscire a non fare la fine del topo!!!

Coraggio, creatività, salute, c'è di che essere orgogliosi ad essere precari.

sabato 31 ottobre 2009

Il precario gode di ottima salute

Sono le 19 e 17 di sabato.
Sto ancora lavorando, a casa moglie e bimbi mi aspettano. Stasera c'è Halloween: serata da mostri. Anche la mia salute è da mostri. E siccome assolutamente credo nell'origine psicosomatica delle malattie riesco a spiegarmi perchè la mia salute è mostruosa: mai raffreddori (e se solo accennano ad arrivare in due giorni mi salutano), mai febbre, mai una frattura.
E' la psicologia che mi cura, se mi ammalassi non avendo malattia pagata (così come ferie, ecc.) non potrei lavorare e quindi di conseguenza guadagnare.

Insomma un altro aspetto positivo del precariato: la salute.

p.s. ora che mi sovviene un paio di settimane fa non stavo per niente bene, sarei rimasto a letto volentieri. Però mi sono alzato e sono andato a lavorare, in serata stavo già meglio. Quindi qualche altra causa deve concorrere alla salute.

venerdì 30 ottobre 2009

Il naturale senso di instabilità

E' sin troppo semplice dire che tutto è precario.
Di fatto la vita è precarietà nel senso di instabilità naturale.
Per certi versi rendersi conto di essere precari ci rende più elastici, resilienti e capaci di adattarci alle situazioni. E' un pò come se ad un certo punto ci si rendesse conto, col passare del tempo, che in realtà ogni cosa è possibile ed è il presunto senso di stabilità ad essere ingannevole.
Credo, ma è solo una mia idea, che in parte sia dovuto al senso di immortalità che ci accompagna, altrettanto fallace quanto quello di stabilità. O forse è la paura di usare la creatività per trovare nuove soluzioni.
Ad un certo punto, dopo aver rincorso la stabilità ed uscendone frustrato, ho capito che la condizione nella quale mi muovevo meglio, nella quale riuscivo a nuotare senza aver bisogno di salvagenti era proprio quella delle incertezze. E questo mi ha fatto pensare che anzichè essere un handicap potesse diventare un'abilità da percorrere e rafforzare.

giovedì 29 ottobre 2009

La gentilezza del precario

Tendenzialmente noto che sono gentile. Soprattutto sul lavoro. Tendo ad andare d'accordo con tutti. Cerco di appianare divergenze, evito scontri, sono accomodante. Adesso si potrebbe pensare che sia dovuto al fatto che il mio temperamento sia di questa specie. Può darsi che in parte lo sia.
Molto però è dovuto al fatto che sono precario: non posso mandare a quel paese le persone anche quando ne avrei ragione. Con eventuali clienti, eventuali colleghi e superiori devo essere morbido.
Insomma la gentilezza è opportunismo. Poi lentamente ti penetra addosso e diventi così perchè diventa abitudine. L'abitudine alla gentilezza.

E allora caro lettore di passaggio, sai che ti dico: VA A QUEL PAESE!!!

Grazie per avermi ascoltato caro lettore di passaggio e per avermi permesso di non essere gentile come la spontaneità vorrebbe.

Esistenze provvisorie

Un noto studioso di psicologia ha una volta asserito che si potrebbe definire la vita nel campo di concentramento come un esistenza provvisoria...

...In una situazione psicologica assai simile, si trova, per esempio, il disoccupato. Anche la sua esistenza è diventata provvisoria; in un certo senso, neppure lui può vivere volgendosi al futuro verso uno scopo situato nel futuro... In base a interviste psicologiche sistematiche, con minatori disoccupati abbiamo avuto occasione di studiare esattamente gli effetti di questa forma d’esistenza deformata, riguardo al « tempo interno » o « al tempo esperienziale », secondo l’accezione psicologica.

Viktor Frankl, Uno psicologo nei lager, Ares, pag. 122

martedì 27 ottobre 2009

viadegasperi33

Stavo pensando a che titolo dare al blog.
Volevo parlare di precariato. Non vorrei parlarne nel solito modo come di qualcosa di subito.
Vorrei provare a parlarne come di una condizione, una cornice all'interno della quale mi muovo e che non mi è sconosciuta del tutto e quindi un pò me la sento addosso. Mi ci muovo dentro insomma.
E siccome proprio a causa di questa situazione mi trovo a fare due mestieri, precari, ecco che ho pensato di utilizzare l'indirizzo -nel senso di geografico - del secondo mestiere.
Esercito una professione in una certa via de gasperi al numero trentatre di un certo paese.

Vorrei, più che di precariato, parlare di possibilità altre da quelle iniziali. Seguendo le necessità ma anche le idee. E' così per chi lascia una casa, un lavoro e parte per mondi lontani. Anche chi precaria (voce del verbo precariare: colui che esercita il precariato) lascia la staticità e inizia a galleggiare...